“A Refugee Story” – back home
“A Refugee Story” è uno scambio internazionale, nato dalla collaborazione di Grecia, Italia, Georgia, Turchia, Spagna e Romania. La capofila del progetto è l’associazione “Ihnilates tou Fotos” di Salonicco, giovane partner greco con cui noi di Eufemia abbiamo già collaborato in passato. Il fulcro del progetto si è espresso nei giorni di scambio e di incontro in Grecia: 42 ragazzi e 6 group-leader si sono incontrati nel villaggio di Agia Triada, pochi Km a sud di Salonicco, dove hanno convissuto per 9 giorni (dal 21 al 29 Settembre 2016).
Le giornate sono scivolate in fretta, tra confronti e discussioni, incontri e laboratori. Le tematiche affrontate rappresentano l’espressione ricorrente della tragedia della guerra: la questione irrisolta del diritto alla Pace, il dramma di chi ha visto la propria terra, le proprie case e i propri progetti sgretolarsi sotto le bombe.
Le discussioni hanno toccato il diritto alla terra, alla sopravvivenza, alla progettazione del proprio futuro in situazioni in cui tutto ciò è stato strappato e distrutto. I popoli, le persone che abbandonano la propria terra in condizioni di guerra e violenza non hanno scelto di essere bombardati e minacciati, non hanno scelto di rischiare la propria vita in improvvisate traversate via mare, non hanno scelto. I ragazzi hanno cercato di capire, di confrontarsi e moltissime domande sono emerse durante questi giorni intensi.
La gioventù non ci mette in salvo, dure e forti sono state le testimonianze condivise da parte dei ragazzi turchi che solo pochi mesi fa si trovavano scaraventati in quella che sembrava a tutti gli effetti una guerra civile. E’ inimmaginabile capire improvvisamente che la propria terra può non essere sicura come si crede. Ella, georgiana, ci ha raccontato come da piccola, nei primi anni ’90, fu costretta a scappare assieme alla sua famiglia, ad abbandonare la propria casa a causa della guerra.
Un ragazzo afghano, minorenne, incontrato durante un’attività a diretto contatto con la popolazione di Salonicco, ci ha raccontato la sua esperienza di minore non accompagnato, dei mesi vissuti in carcere, della solitudine, della paura e della famiglia lontana. Il dramma della guerra e la questione dei rifugiati sono presenti e molto vicino alla nostra realtà quotidiana.
Socialmente tutti noi siamo portati a credere che se non vediamo qualcosa, se non lo sentiamo direttamente sulla nostra pelle, questo qualcosa non esista. L’indifferenza e la mancanza di interesse e di conoscenza sono le prime armi distruttive di massa.
Progetti come questo sono una risposta, un inizio, uno stimolo per i nostri giovani, costituiscono momenti di confronto e di motivazione, fondamentali per chi sarà un adulto domani.